GENERATION ZERO - ANTEPRIMA

A CURA DI CLAUDIO "DOGGHY" FAVORITO IL 05.11.18

Siamo da poco tornati dalla Svezia degli anni ’80 su invito di Avalanche Studios per scoprire cosa è realmente accaduto al gruppo di ragazzi che, rientrati da una gita fuori porta, hanno trovato il loro paese totalmente deserto e pattugliato da minacciosi robot armati fino ai denti.
Generation Zero - questo è il nome del gioco di cui vi parleremo - è uno sparatutto in prima persona che stringe l’occhio al genere survival lasciando al giocatore la libertà di muoversi in un mondo totalmente aperto.
Durante la beta ci è stato possibile giocare in solitaria ma anche invitare i nostri amici a cooperare in sessioni private o aperte per un massimo di 4 persone.
Il gameplay è, quindi, strutturato similmente a Dayz ed è accompagnato da una versione migliorata del motore grafico APEX, sviluppato internamente dalla software house, che abbiamo già apprezzato in The Hunter: Call of The Wild.
Le ambientazioni, pertanto, sono davvero suggestive e spesso ci siamo trovati a passare tra la fitta vegetazione ai campi aperti fino a giungere a piccoli villaggi tipici di quell’area geografica. Gli effetti meteorologici, così come il ciclo giorno/notte, arricchiscono le nostre sessioni di gioco, rendendo più o meno difficili gli scontri con le macchine che pattugliano le aree in modo del tutto randomico.
Queste, infatti, si muovono in branco e sono piuttosto agili e letali se non si riesce a trovare un giusto riparo quando li si ingaggia. Il sistema di copertura non ci ha convinti molto, perché non è possibile sporgersi e sparare contemporaneamente scoprendo soltanto il busto; piuttosto possiamo soffermarci o chinarci/sdraiarci dietro ad un qualsiasi oggetto resistente e nel momento più opportuno diventare un bersaglio mobile. I nemici corrono o addirittura scappano se in eccessivo pericolo, portando con sé i segni delle precedenti battaglie per via di un interessante sistema di danni modulare; è possibile sparare e distruggere i loro singoli componenti e constatarne poi l’effettivo malfunzionamento.
Non sempre è necessario correre dietro ai robot di grandi e piccole dimensioni per giungere all’obiettivo, la vastità delle aree ci permette di adottare spesso e volentieri un approccio stealth, usufruendo anche di distrazioni e trappole da attivare nel giusto momento come diversivo allo scontro diretto.

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L’equipaggiamento base del nostro personaggio comprende due armi primarie ed una secondaria ma con il giusto ordine nell’inventario è possibile trasportarne molte di più. Le armi presentano un piccolo indicatore di qualità che influisce sull’aspetto grafico di queste (es. la ruggine sulla canna dei fucili ndr) e sulle caratteristiche, quali danni, rinculo, rateo di fuoco, etc… Questi attributi possono essere migliorati anche attraverso l’utilizzo di componenti aggiuntivi per l’arma e munizioni speciali, con il giusto supporto dalle abilità passive del nostro alter-ego. In un apposito menu e ad ogni level up, si possono spendere i punti guadagnati in rami come combattimento, sopravvivenza, supporto e tecnologia.
La totale assenza di umani all’interno del mondo di gioco ha fatto si che la trama venisse raccontata, in maniera molto frammentaria, attraverso documenti ed indizi che di volta in volta attivano vere e proprie missioni. Quest’ultime non ci sono sembrate così variegate e di frequente ci siamo ritrovati a spostarci dal punto A al punto B per concludere incarichi dello stesso tipo, dandoci una spiacevole sensazione di deja-vù. Abbiamo già parlato della vastità della mappa e di come il mondo sia ben dettagliato, ricco di effetti di nota e di un sistema di illuminazione credibile… l’altro lato della medaglia sono i villaggi poco variegati ed addirittura con i mobili, all’interno delle case, sistemati tutti con lo stesso identico ordine (è il caso di dire CTRL+C / CTRL+V ndr). Non ci è nemmeno chiaro il motivo per il quale l’interazione con gli oggetti, soprattutto con le porte, dev’essere rilegata al mantenere premuto un determinato pulsante della tastiera o del pad, facendo si che un’azione che dovrebbe essere immediata diventi fastidiosamente lunga senza alcun apparente nesso logico. Le skill di cui vi abbiamo parlato sopra, invece, non sembrano aver apportato grossi cambiamenti a livello di gameplay nonostante i vari level up del nostro personaggio; necessitano sicuramente di una maggiore rifinitura.

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Generation Zero ha del potenziale ed è palese la sua intenzione di volersi differenziare dal predominio del genere survival post-apocalittico zombie. Tuttavia non basta cambiare la tipologia di nemico per fare la differenza, in particolar modo in questo titolo le cui meccaniche sono state già battute abbondantemente da altri. Occorre qualcosa che induca il giocatore a rimanere quanto più a lungo all’interno del gioco e non dover esclusivamente correre verso l’obiettivo finale, ammesso che ce ne sia uno. Cosa succederà in un probabile end-game? Come verrà supportato il gioco nella versione finale?
Sono alcune delle domande a cui probabilmente Avalanche Studios dovrà rispondere da qui all’uscita del gioco prevista per il 2019 su Xbox, PS4 e PC. Noi, nonostante alcune perplessità, ci siamo divertiti parecchio a giocarlo in co-op ed esplorare ogni anfratto della rockegiante Svezia degli anni ’80. Siamo curiosi di scoprire qualcosa di più sull’intrigante e misteriosa trama!

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