RESIDENT EVIL 7: BIOHAZARD - RECENSIONE

A CURA DI CLAUDIO "DOGGHY" FAVORITO IL 12.02.17

Eccoci qui, pronti a recensire l’ultimo capitolo di una serie che ha segnato la storia del genere horror videoludico: Resident Evil. Non sono poche le critiche sollevate dai giocatori di tutto il mondo successivamente al rilascio del suo primo trailer (durante l’E3 2016 ndr), poiché considerato “snaturato” rispetto ai canoni standard del titolo. Adesso bisogna capire se il settimo capitolo è la giusta strada intrapresa da Capcom a seguito di flop come RE6 e spin-off correlati, o se ci si imbatte nell’ennesima delusione per chi come noi ha amato la serie fino ai “cambi di inquadrature”. Spoiler: Resident Evil è tornato.
Spariamoci subito questa cartuccia; nella storyline di RE7 non presenziano zombies o personaggi famosi della serie. Vestiremo, piuttosto, i panni di un comunissimo uomo chiamato Ethan Winters, in viaggio verso la Louisiana alla ricerca della moglie, Mia, creduta morta da tre anni. Le ricerche dell’uomo convergono verso la casa di campagna della famiglia Baker, là dove è stata assassinata la troupe televisiva della demo. L’allegra famigliola è proprio la stessa che abbiamo conosciuto attraverso il trailer pubblicato da Capcom prima del rilascio del gioco e diciamocelo…l’ospitalità non è proprio il loro punto forte.
Perché quando parliamo di RE7 non possiamo fare a meno di fare i conti con il passato della serie?
Semplice, i suoi riferimenti iconici persistono per tutta la durata della campagna ed anche le meccaniche bollate come “anomale” dai più scettici sono in realtà una riuscita rivisitazione di quelle passate.
Iniziamo con una delle più criticate, la scelta di Capcom di farci vivere l’intera esperienza in prima persona. A primo impatto potrebbe sembrare una scelta di puro marketing atta ad incrementare le vendite del VR, invece, pad alla mano, l’immedesimazione con il protagonista è talmente riuscita (anche senza visore ndr) che vivrete l’intera esperienza con il cuore in gola. Proprio come accadeva nei primi tre capitoli della serie, dove l’inquadratura era fissata nella parte superiore delle stanze, anche adesso si ha la costante sensazione dell’ignoto dietro l’angolo. Vi fermerete più di una volta a metà di un corridoio indecisi se continuare o tornare indietro sui vostri passi, circondati da rumori angoscianti e ambienti claustrofobici. Un altro aspetto terribile di questo coinvolgimento è dovuto al fatto che Ethan non è un individuo addestrato come lo erano Chris, Claire o Leon; ed infatti non corre veloce, non spara con precisione e non resiste ai colpi più violenti ed ogni suo respiro affannoso diventerà inevitabilmente anche il vostro.

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Impossibile poi non paragonare la dimora dei Baker alla Spencer di RE1, con stanze collegate da lunghi corridoi, piani rialzati e sotterranei, aree accessibili man mano che andrete a recuperare le giuste chiavi o risolverete alcuni enigmi.
Papà Jack Baker invece prende posto nella serie inserendosi perfettamente tra il Tyrant di RE2 ed il Nemesis di RE3; il simpaticone comparirà quando meno ve lo aspetterete e non vi darà alcuna tregua. Siete ancora convinti che il gioco non abbia alcun legame con la restante parte della serie?
Come ogni survival-horror che si rispetti, armi e munizioni scarseggiano e nelle prime ore vi ritroverete a girovagare con in pugno un misero coltello. La gestione dell’inventario è rimasta pressoché invariata, gli oggetti occuperanno uno o più slot in base alla loro grandezza costringendovi di volta in volta a selezionarli con cura. Il semplice sistema di crafting permette la combinazione di più elementi per creare, ad esempio, le onnipresenti erbe mediche oppure i proiettili per il lancia granate o per la pistola 9mm. Anche le canoniche stanze di salvataggio fanno la loro apparizione ed è lì che è possibile depositare gli oggetti inutilizzati nel baule, salvare i progressi di gioco e rifiatare dall’eccessiva tensione accumulata.

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Tecnicamente il titolo di Capcom si difende molto bene grazie all’utilizzo dell’apposito RE Engine; gli ambienti di casa Baker, come quelli delle ultime battute, godono di una realizzazione da film horror con dettagli non adatti ai deboli di stomaco. Di rado ci si imbatte in qualche texture slavata o che viene caricata con difficoltà, nulla che di fatto pregiudichi l’esperienza di gioco. Convincenti le animazioni e le espressioni facciali dei personaggi, nonché il sistema di illuminazione di ogni singola area. L’eccellente comparto sonoro vi travolgerà dall’inizio fino ai titoli di coda, a maggior ragione se giocherete con un impianto surround. Gli effetti sonori multidirezionali vi salveranno più volte la vita o in alternativa vi congeleranno il sangue nelle vene! Leggermente sottotono la colonna sonora che diventa più incisiva solo nei momenti più concitati. Il gioco è completamente tradotto e doppiato in italiano; durante la nostra sessione di gioco abbiamo però preferito le voci in lingua originale, decisamente più credibili e disturbanti.
In conclusione, Resident Evil 7 è la prova tangibile di come Capcom stia cercando di rimediare agli ultimi errori rivisitando gli ingredienti vincenti della serie e riproponendoli in chiave moderna. Il risultato è un’esperienza survival-horror della durata massima di 11/12 ore e dalla buona rigiocabilità grazie ai suoi diversi livelli di difficoltà; in “manicomio”, ad esempio, i nemici saranno più numerosi e difficili da battere mentre le munizioni ed i salvataggi di gran lunga inferiori alla media. Abbiamo trovato la trama decisamente interessante e ricca di colpi di scena seppure un po' calante nei toni verso le ultime ore; avremmo voluto scoprire qualche dettaglio in più su alcuni personaggi. Più volte abbiamo titubato nell’aprire una porta o proseguire verso una nuova stanza per via dell’atmosfera di terrore e dall’imprevedibilità dei nemici che ci circondavano. Se dovessimo paragonare Resident Evil 7 ad una pellicola cinematografica diremmo che è una mescolanza tra “Non aprite quella porta”, “Le colline hanno gli occhi” ed a tratti “Saw l’enigmista”. L’atmosfera, in questo caso intesa come l’unione grafica-sonoro, ha svolto perfettamente il suo ruolo travolgendoci come nei primi capitoli della serie. Fans e neofiti, non lasciatevi influenzare dalle critiche insensate di chi ha guardato un paio di trailer o giochicchiato alla demo, Resident Evil 7 è il regalo che volevate farvi da tempo; adesso dovete solo trovare il coraggio di aprire la porta d’ingresso di casa Baker.

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