OUTLAST 2 - RECENSIONE

A CURA DI CLAUDIO "DOGGHY" FAVORITO IL 09.06.17

Dare seguito ad un titolo già ottimo di per sé potrebbe sembrare cosa semplice ma sono molte le domande che bisogna porsi prima di intraprendere questo cammino. Tra le tante: come si fa a non scadere nel già visto? Come lo accoglierà la critica? Quanto tempo occorre per svilupparlo? Domande a cui i Red Barrels hanno voluto dare una risposta lunga quattro anni, il tempo necessario per lo sviluppo di una nuova terrificante esperienza. Scopriamo insieme cosa ci riserva questo nuovo capitolo della serie Outlast.
Vivremo l’intera trama di Outlast 2 attraverso gli occhi di Blake Langermann, cameraman ed assistente della giornalista investigativa Lynn, sua moglie. Entrambi sono in viaggio alla volta dell’Arizona per fare luce sull’omicidio di una donna incinta ma qualcosa, neanche a dirlo, va storto e l’elicottero sul quale viaggiano precipita in un posto sperduto. Giusto il tempo di controllare le varie ammaccature e ci accorgiamo che Lynn è letteralmente scomparsa; come se non bastasse un intero villaggio di bifolchi ci darà la caccia in preda ad una follia collettiva, indottrinati da un santone chiamato Papa Knoth e dalla sua delirante interpretazione delle sacre scritture.
La religione (e tutte le deviate sfumature che da questa ne derivano per volere dell’uomo) è un tema che in Outlast 2 viene espresso in modo diretto e crudo, senza filtri; un argomento particolarmente maturo, affrontato di rado nei videogames, che riesce volutamente a suscitare non poco disagio a chi lo affronta. Tutto ciò, a nostro modo di vedere, denota un grande coraggio nella scelta della sceneggiatura ed il risultato si fonde perfettamente con le già riuscite meccaniche survival-horror del predecessore.

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Blake non è un supereroe e non ha particolari talenti se non quello di saper maneggiare al meglio la sua inseparabile videocamera, unica fonte di sostegno tecnico e psicologico nelle buie campagne dell’Arizona. Non vi è alcun modo di attaccare i nemici o di compiere azioni insolite ad un comune essere umano, in Outlast 2 possiamo soltanto nasconderci e muoverci furtivamente verso l’obiettivo. Tra i pochissimi controlli da imparare ci sono quelli relativi alla telecamera che, oltre a fornirci un’importante modalità infrarossi, ci permette anche di localizzare le presenze che ci circondano mediante l’attivazione del microfono. Inoltre, alcune fasi importanti del gioco possono essere registrate sulla memoria della videocamera e consultate con tanto di commento fuori campo del protagonista (atto ad arricchire ulteriormente la narrazione ndr).
L’eccessivo utilizzo della telecamera, inoltre, comporta un ovvio spreco di batterie; risorse a dir poco preziose, la cui fruizione va dosata nel giusto modo per evitare di ritrovarsi spaesati nell’oscurità.
Outlast 2 maschera saggiamente la linearità dei suoi ambienti dandogli un aspetto open-world. In questo nuovo capitolo ci ritroviamo spesso all’aria aperta, tra vasti campi di grano e villaggi diroccati ma nonostante ciò la strada da percorrere è sempre una e trovarla si rivela spesso una trappola mortale, specialmente se inseguiti dai fanatici religiosi. Nonostante il necessario “trial and error” di alcuni passaggi del gioco bisogna menzionare come, d’altro canto, le fasi scriptate siano davvero ben distribuite ed imprevedibili, traducendosi in cambi di scenario e jumpscare in grado di terrorizzare anche il giocatore più impavido.

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Sotto il profilo tecnico il titolo di Red Barrels sfoggia un ottimo sistema di illuminazione nonché texture dettagliate che vanno a ricoprire personaggi e scenari nefasti. Durante tutta l’esperienza si ha una concreta percezione di essere osservati ed un senso di precarietà dovuto ad ambienti in stato di totale abbandono e più volte contaminati da cadaveri e simbologie blasfeme. Impeccabile il comparto sonoro, decisamente in linea con le aspettative del genere; i dialoghi sono in lingua originale e sottotitolati in italiano. Il nostro consiglio è quello di equipaggiarvi di buone cuffie e spegnere tutte le luci!
Outlast 2 riesce a detenere il podio dei survival-horror pur mantenendo le stesse meccaniche del predecessore. Vestire i panni di un cameramen inerme è di per sé una “limitazione anomala” dal punto di vista del gameplay ma decisamente realistica e ben contestualizzata; a tal punto da esserci letteralmente immedesimati in ogni respiro del protagonista. Certo, in alcuni punti dell’intreccio narrativo, della durata complessiva di circa otto ore, avremmo voluto una maggiore presa di posizione da parte del protagonista che a nostro parere ci è sembrato oltremodo in balia degli eventi…anche quelli più estremi. L’Unreal Engine 4 si conferma sempre un’ottima scelta per coloro i quali sanno sfruttarne le potenzialità ed Outlast 2 non è da meno grazie anche ad un livello artistico ineccepibile. Lo scopo di Red Barrels era quello di terrorizzarci a morte davanti allo schermo e più volte ci sono pienamente riusciti. Se avete uno stomaco di ferro ed un nuovo pacemaker, comprate pure il vostro biglietto per l’Arizona.

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