Recensione a cura di Claudio 'Dogghy' Favorito il 22/08/2025
La Sicilia dei primi del Novecento è difficile da restituire in tutte le sue sfumature, soprattutto quando l’intento, come nel caso dello studio Hangar 13, è quello di catturare un preciso spaccato della criminalità organizzata senza mai scadere nella sua glorificazione.
In Mafia: Terra Madre ho conosciuto la storia di Enzo Favara, un ragazzo venduto in giovane età alla famiglia Spadaro, proprietaria di una miniera di zolfo, dove lavora in condizioni di semi-schiavitù insieme ad altri “carusi” come lui. Gli Spadaro condividono il controllo della Valle Dorata con altre famiglie, tra cui i Torrisi, che in seguito a una serie di eventi (che non voglio spoilerarvi) accoglieranno Enzo sotto la loro protezione. In cambio, però, gli chiederanno qualcosa di ben più prezioso: la sua eterna lealtà.
Attraverso Enzo ho potuto osservare la nascita e l’evoluzione di un cosiddetto “uomo d’onore” in un contesto tutt’altro che progressista; o meglio, è corretto affermare che la concezione di modernità fosse unicamente legata agli affari sporchi e utilizzata come strumento di sopraffazione dei rivali.
La mafia di quel periodo, pur camminando accanto al potere senza esserne ancora parte integrante come oggi, in Terra Madre si muove già come una piovra, estendendo i propri tentacoli nel quotidiano delle persone e sottomettendole ad un’illusione di protezione, dalla quale invece deriva solo povertà e violenza primitiva.
Questo titolo di Hangar 13 vuole comunque farci capire che c’è chi cerca di combattere questo male, reprimendolo con la forza, e che una parte buona della società non vuole piegarsi al volere dei prepotenti, quella “montagna di merda” come la definiva Peppino Impastato. Il bene e il male si affrontano, ma non ci sono cavalieri, spade o scudi: ci sono uomini affamati che comandano, rappresentati in modo convincente nel loro ruolo rispetto ai sottoposti, quella manovalanza che porta avanti il lavoro sporco per scalare i ranghi della famiglia a cui appartengono.
Persino Enzo sa di dover risaltare agli occhi di Don Bernardo Turrisi per meritare quelle briciole in più, quel rispetto che passa anche dallo sguardo critico e sempre dubbioso dei membri più anziani. In loro c’è l’esperienza degli anni trascorsi in una terra povera, perché proprio loro l’hanno voluta così, attraverso il malaffare e l’avarizia.
C’è un altro aspetto della storia di Mafia: Terra Madre che mi ha colpito profondamente: la spensieratezza di alcuni momenti della vita di Enzo. Lui, insieme ai suoi coetanei, sa di aver acquisito un nuovo potere entrando a far parte della famiglia Torrisi, e ciò lo eleva sistematicamente al di sopra di ogni regola, con l’euforia di chi sente di aver svoltato la propria vita in meglio. Un pensiero dolceamaro, poiché è tangibile sin dall’inizio che un’esistenza simile non può durare in eterno senza sudore, sangue e lacrime.
Da siciliano è stata una sensazione quasi surreale osservare con quanta cura sia stata riprodotta l’intera (fittizia) Valle Dorata. Ogni ambiente che ho visitato mi ha davvero ricordato casa, e non soltanto per la bellezza dei borghi, dei giochi di luce, delle ombre nei vicoli stretti e delle architetture dei casolari, ma soprattutto per la fedeltà di alcuni scenari. Nella villa Torrisi, ad esempio, possiamo assistere al via vai di uomini a cavallo e a piedi, impegnati in compiti di varia natura, come raccogliere la frutta o pestare l’uva; all’interno della villa, invece, le donne sono riunite e intente a cucinare gli squisitissimi piatti della tradizione, senza farsi mancare del sano “cuttigghio” (pettegolezzo).
Nei borghi i compari si appartano per una chiacchierata, c’è chi si appisola vicino a una fontana, chi gioca a briscola al tavolo di un bar, e con il calare del buio, quando le tinte arancioni dei lampioni illuminano i ciottoli, qualcuno barcollante si fa strada verso un bordello.
Mafia: Terra Madre è una cartolina della Sicilia del Novecento, e posso sinceramente dirvi che ancora oggi esistono luoghi molto simili a quelli che possiamo visitare nel gioco nei momenti di pausa tra un incarico e l’altro. Riuscivo a percepire gli odori, l’afa e l’umidità delle strade polverose che percorrevo, costantemente accompagnate dal continuo frinire delle cicale.
Per quanto io abbia davvero apprezzato quanto vi ho appena raccontato, questo nuovo capitolo della serie, ahimè, soffre della pesantezza dell’Unreal Engine 5 e non sempre garantisce un framerate stabile, specialmente nei borghi più grandi.
A peggiorare un comparto tecnico non impeccabile ci sono anche le animazioni del protagonista, un po’ anacronistiche nelle interazioni con l’ambiente. Gli scontri a fuoco restano comunque divertenti, grazie al buon feedback delle diverse armi disponibili, nonostante l’intelligenza artificiale mostri gravi lacune, correndo verso il giocatore e ignorando le coperture. Anche nelle fasi furtive si riscontra una certa facilità nell’eliminare i nemici: la loro prevedibilità riduce drasticamente il livello di sfida.
Tutt’altra storia, invece, per i duelli con il coltello, in cui il giocatore è chiamato a schivare, rompere la guardia nemica e contrattaccare nel momento giusto, dando vita a una danza letale dai ritmi serrati e ricca di pathos.
C’è, di fatto, un’ulteriore nota di merito a favore del lavoro svolto da Hangar 13: il doppiaggio in siciliano, con sottotitoli in italiano. Per la prima volta sono riuscito ad apprezzare il dialetto palermitano in un videogioco, reso possibile grazie a veri siciliani che hanno prestato la loro voce. Nonostante il labiale dei personaggi non sia sincronizzato con il parlato…botta di sangu! E c’è tutta l’ironia tipica e genuina della Sicilia, frecciatine maliziose lanciate tra i protagonisti che vi strapperanno più di una volta un sorriso.
Mafia: Terra Madre è un vero ritorno alle origini, perso in parte con il terzo capitolo della serie, che riporta il giocatore nel cuore di un territorio profondamente segnato da una piaga incredibilmente difficile da debellare. È un action-adventure che si focalizza principalmente sulla trama, rendendo l’esperienza molto lineare, nonostante sia possibile esplorare liberamente il mondo di gioco alla ricerca di collezionabili. Non ci sono attività secondarie: tutto ruota attorno a Enzo e a una Sicilia rappresentata con amore per i dettagli e la cultura di quel preciso contesto storico.
Mafia: Terra Madre ci mostra una bellezza così grande e, al contempo, il suo sfregio da parte di uomini tutt’altro che onorevoli, raccontando gli eventi con il giusto distacco registico e lasciandoci la ferma consapevolezza di non voler più ricadere in quegli anni bui. Occhiu vivu!
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