Recensione a cura di Claudio 'Dogghy' Favorito il 06/10/2009
E’ il 2001 quando Codemasters rilascia nei mercati mondiali il primo capitolo della serie Operation Flashpoint. Oggi andiamo ad analizzare il secondo della saga, che sembra promettere una vera e propria simulazione bellica su console. Esaminiamo insieme Dragon Rising! La storia si svolge a qualche chilometro dal territorio cinese, precisamente sull’isola di Skira, contesa per anni dalla Russia. Quando quest’ultima riesce ad impadronirsene e gestirne i giacimenti di petrolio, nel 2010, la Cina rivendica il suo territorio dichiarando guerra agli Europei. Gli Americani quindi entrano in gioco come supporto alle truppe russe, con l’intento di eliminare definitivamente l’offensiva cinese.
Per quanto possano risultare “semplici” le meccaniche di gioco di un first person shooter, non è il caso di Operation Flashpoint: Dragon Rising. Proponendosi come una simulazione, il giocatore riscontra fin dalle prime battute di gioco un feeling particolare con l’ambiente, le armi e con i nemici. Il paragone con i più famosi sparatutto sembra d’obbligo, infatti chi è abituato al gameplay frenetico della serie Call of Duty si troverà sicuramente spiazzato provando il titolo Codemasters. Il motivo è semplice, in una simulazione non si può correre e sparare alla cieca contemporaneamente come se fossimo al tiro a segno della fiera. In O.F.P. Dragon Rising i tempi di gioco sono davvero lenti, ogni missione richiede tattica, coordinazione, sangue freddo e soprattutto pazienza. Sul campo di battaglia il giocatore, oltre a dover salvaguardare la propria incolumità, deve badare ad altri tre membri della squadra tramite un rapido sistema di impartizione degli ordini. Essi reagiscono automaticamente ad ogni situazione ma è conveniente spronarli nelle azioni come: Assaltare edifici/postazioni nemiche, curare i feriti, muoversi in un determinato punto, sparare in un punto, etc… Anche il sistema balistico sembra rispettare il canone prefissato dagli sviluppatori: Mirare con precisione alla testa di un nemico non sempre corrisponde ad un headshot. Le distanze contano parecchio, ecco perché ogni singola missione richiede molto tempo per essere portata a termine.
La mappa di Skira è sconfinata e la maggior parte delle volte ci si trova a dover percorrere chilometri a piedi, con la continua paura di un improvviso attacco cinese. Non mancano però i mezzi militari come hummer, anfibi ed elicotteri completamente guidabili dal giocatore anche se spesso conviene attenersi ad un approccio più “appiedato”.
Un’altra feature che arricchisce l’esperienza realistica di Dragon Rising è la possibilità di ricevere danni permanenti a seguito di uno scontro a fuoco. Per quanto possa essere frustrante o semplicemente paradossale la frase appena citata, questo sistema obbliga il giocatore a sfruttare le coperture ed il fuoco degli alleati in maniera accurata. Se veniamo colpiti ad una gamba non riusciamo più a correre o se colpiti ad un braccio riscontriamo qualche problema nel mirare i nemici con un arma da fuoco.
Uno dei nei che affliggono questo titolo è sicuramente la pochezza della personalizzazione dell’inventario: E’ il gioco a fornirci delle armi standard e se proprio le vogliamo cambiare dobbiamo rovistare nei cadaveri nemici e scambiarle con le loro. Un arsenale che lascia un po’ il tempo che trova, da un titolo del genere ci si aspetterebbe più “ferri” ma tuttavia quelli a disposizione spesso ci bastano per arrivare al goal. L’IA dei nemici e del nostro team non è sempre così brillante; capita spesso di ricevere colpi alla testa mentre si è in corsa o di cadere al suolo in fin di vita aspettando dei soccorsi che non arrivano mai, nonostante ci sia un medico in squadra. Altre volte, invece, non si riesce a colpire un nemico mediamente distante o trovarlo immobile e nell’attesa di essere ricoperto di Full Metal Jacket.
Il comparto grafico di Dragon Rising non è certamente alla pari con quelli di ultima generazione. Questa osservazione viene fatta a causa delle poche texture che compongono le rocce e l’erba dell’ambiente di gioco. Tuttavia l’occhio si abitua subito e ben presto ci si accorge che le priorità di gioco annientano i piccoli difetti grafici. Davvero eccellente è la riproduzione della distanza visiva e la riproduzione del fumo e dei visori notturni/infrarossi. Affascinanti e coinvolgenti le missioni notturne dove l’uso della mappa è d’obbligo per non perdersi.
Il sonoro rende l’idea di come si sentono i veri soldati in battaglia, è possibile percepire i colpi di striscio o quelli che finiscono contro la nostra copertura in maniera piuttosto realistica. Le detonazioni, il rumore dei proiettili sulla terra o sui mezzi corazzati tengono compagnia al giocatore come gli splendidi effetti sonori ambientali provenienti dalla “quiete prima della tempesta”.
La modalità multiplayer offre la possibilità di giocare la storia in co-op con altri tre giocatori, oppure in versus in match da otto giocatori.
Concludendo, Operation Flashpoint Dragon Rising riesce indubbiamente a regalare sane ore di adrenalina. Giocandolo a difficoltà estrema, il titolo diventa simulativo al 100% eliminando HUD sullo schermo, checkpoint ed aumentando indubbiamente l’ostilità dei nemici nei nostri confronti. Si cammina molto accucciati, proprio per il timore di non farci aprire la testa come un cocomero e si scruta sempre l’orizzonte, s’impartiscono comandi e si eseguono quelli del quartier generale. L’essenza di una guerra vera, nonostante i piccoli difetti, è racchiusa in questo splendido titolo. Se avete la pazienza e la voglia di qualcosa di impegnativo, avete trovato pane per i vostri denti. Pronti a supportare gli alleati?
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