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STATE OF DECAY

Recensione a cura di Claudio 'Dogghy' Favorito il 09/06/2013

Abbiamo seguito con attenzione l’ambizioso progetto degli Undead Labs fino al fatidico giorno X. State of Decay è un Live Arcade insolito, preparatevi a scoprirne il motivo! Prendete Trumbull Valley, una vasta località fatta di praterie, laghi, foreste, cittadine e fattorie. Adesso metteteci dentro una violenta infestazione zombie ed un numero random di sopravvissuti da gestire in ogni singolo dettaglio: a partire dalle loro relazioni sociali alle esigenze della base stessa in cui si rifugiano. Fatto? No? Non vi preoccupate, ci hanno pensato gli Undead Labs con State of Decay! Ad inizio articolo abbiamo accennato come questo titolo fosse obsoleto per la sua categoria, infatti ad un prezzo di 1600 punti Microsoft scaricherete sul vostro HDD qualcosa che si avvicina davvero tanto, in termini di vastità e complessità, ad un classico gioco retail. Avviata la campagna, State of Decay ci lascia subito in mezzo al marasma generale senza pietà e con un tutorial abbastanza scarno. Inizialmente un pò spiazzati dai menù, sottomenù e controlli, comprendiamo subito la profondità del gameplay e che possiamo assumere quando vogliamo il controllo dei vari sopravvissuti facenti parte della nostra comunità. È più che mai sostanziale precisare che ogni npc o personaggio che incontriamo in State of Decay ha una propria personalità, un nome ed un cognome, un background e delle qualifiche/abilità generate a caso. Ciò significa che in due partite, su due console diverse, non ci si ritrova davanti mai le stesse persone. Questo aspetto, inoltre, acquista una valenza vitale non appena diamo una sistemazione ad un nuovo arrivato nel gruppo. Proprio come una sorta di grande fratello virtuale i sopravvissuti svolgono mansioni all’interno e fuori dall’accampamento, si scambiano opinioni, chiacchierano del più e del meno, litigano, si preoccupano, se ne vanno via, si cacciano nei guai ed altre volte si feriscono tra loro. Bisogna quindi cercare di tenere alto il morale del gruppo e spesso assecondare le richieste provenienti da questo. La base diventa l’unico pilastro sicuro in un mondo in costante cambiamento, a patto che riusciate a gestirla ed assicurarla nella giusta maniera. Gli scampati al disastro non si nutriranno di aria, non si medicheranno con un semplice cerotto, non spareranno coriandoli e non costruiranno strutture con la plastilina. Tutte queste risorse vanno cercate ovunque, fuori. Ogni angolo di State of Decay è esplorabile, dal garage di una casa al magazzino in periferia, dal cafè bar al negozio di armi. Non osiamo immaginare quale impatto potrebbe avere la totale assenza di queste risorse all’interno di una base di quindici persone perché sappiate che niente in State of Decay è inesauribile. Muore un sopravvissuto? Andato per sempre. Distruggete la vostra bellissima auto alla quale vi eravate tanto affezionati? Andata per sempre. Avete raccolto un coltello ed un fucile dalla casa dei vicini? Dimenticatevi di ritrovarli una seconda volta nello stesso identico punto. Anzi, in quel punto non respawnerà più nulla. Per sempre. Capite qual è il punto? Tutto è precario e bisogna gestire ogni cosa con parsimonia perché le conseguenze potrebbero inevitabilmente generare un susseguirsi di eventi spiacevoli. Molti giochi hanno promesso caratteristiche simili ma soltanto gli Undead Labs ci sono riusciti nella maniera più azzeccata.

La mappa di gioco è esplorabile in lungo ed in largo sin dall’inizio e dopo qualche ora di gioco è possibile abbandonare la base iniziale per andare alla ricerca di un’altra un pò più grande. La scelta è libera, a patto che ci siano abbastanza posti letto per tutti ed abbiate le risorse necessarie per rimetterla in sesto. Anche l’organizzazione delle strutture al suo interno è a libera discrezione del giocatore, il quale può organizzarvi un piccolo orticello, un laboratorio dedito alla riparazione di auto/armi, una cucina, un dormitorio e quant’altro. Molte di queste possono essere persino migliorate così da estendere e migliorare i bonus che generano sui sopravvissuti che le utilizzano. Come abbiamo sopraccitato, ogni individuo di cui prenderemo il controllo ha delle abilità specifiche che aumenteranno di livello man mano che ne faremo l’esatto utilizzo. L’inventario invece, è espandibile con appositi zaini e può trasportare un numero limitato di oggetti tra cui quelli equipaggiabili come un’arma bianca ed un’arma da fuoco. State of Decay può essere affrontato in due modi diversi: alla furia cieca, a patto che riusciate a recuperare abbastanza armi e munizioni da potervelo permettere oppure in stealth, accovacciandovi ed utilizzando armi bianche o silenziate. Sebbene gli zombies siano leggermente ipovedenti, il loro udito funziona più che bene: correre, sparare senza silenziatore, utilizzare veicoli, forzare porte e spaccare finestre sono tutte azioni che portano intorno a voi una congrua folla di mangia cervelli impazziti. Quando si è circondati, l’unico modo per farsi strada è combattere. Bisogna però fare attenzione a due fattori, entrambi ben visibili sull’interfaccia di gioco: la vita e la fatica. Quest’ultima, indicata come una barra blu, si esaurisce in men che non si dica non appena attacchiamo corpo a corpo il nemico, ci mettiamo a correre, saltiamo o compiamo qualsiasi altro sforzo fisico. Il risultato, a barra completamente esaurita, è un personaggio a cui sta per venire una sincope e che non riesce a sferrare nemmeno un attacco se non a rallentatore. Più ferite riportiamo sulla nostra pellaccia e più diminuiscono vita e fatica massima costringendoci il più della volte a tornare alla base per riposare e switchare con un altro sopravvissuto. La giornata tipo in State of Decay è composta da tanti eventi che comprendono sia la storyline che quest secondarie, ricerca di risorse/armi, soccorsi alle richieste di aiuto, creazione di avamposti, disinfestazione di case e quartieri, etc..in poche parole non avrete mai un minuto libero ed ogni vostra azione influenzerà direttamente il morale del gruppo e vi farà guadagnare o perdere punti influenza. Questi ultimi li possiamo considerare come una sorta di valuta e sono spendibili sia all’interno della base, ad esempio quando creiamo o miglioriamo una struttura, sia all’esterno di questa mediante la radio che portiamo sempre con noi. In quest’ultimo caso possiamo richiedere supporto morale, con relativi bonus, chiedere a qualcuno dei nostri coinquilini di raggiungerci ed aiutarci a raccogliere risorse preziose, mandarci un veicolo e così via.

La vita all’interno del gioco continuerà a scorrere addirittura quando voi avrete spento la console. In vostra assenza potrebbe accadere di tutto: se avete chiuso la partita durante un’invasione zombie c’è il serio rischio che al vostro ritorno non siano rimasti in molti, se avevate programmato la costruzione di una struttura al vostro ritorno potrebbe essere già ultimata! Ovviamente questo sistema non vuole rendervi schiavi del gioco, proprio per questo più starete lontani da esso e più gli eventi senza di voi rallenteranno fino a fermarsi del tutto. Tecnicamente State of Decay ha dovuto fare i conti con i limiti di budget a disposizione dei suoi sviluppatori. I difetti più evidenti sono dovuti allo screen tearing ed al frame rate ballerino soprattutto nelle fasi di guida. Se riuscite a sorvolare questi due nei, il titolo degli Undead Labs è da lodare per la grande cura con la quale sono state realizzate le ambientazioni impreziosiste da un ciclo giorno/notte e da effetti luce abbastanza credibili. Anche gli effetti sonori ambientali sono molto realistici ed aiutano ad immedesimarsi nelle varie situazioni; i dialoghi sono in inglese sottotitolati in italiano. State of Decay non lascia scampo. Non facciamo altro che domandarci come sia possibile che un gioco di tale calibro sia stato sviluppato soltanto con un budget “indipendente”. Quello che sappiamo con certezza è che in pochissime ore dal suo lancio ha venduto più di 250.000 copie piazzandosi a testa alta ad un gradino da Minecraft. Class 3, il nome originario di questo ambizioso progetto degli Undead Labs, mette a frutto le promesse che molti titoli tripla A non hanno mai mantenuto e rinunciando a loro malgrado ad una pubblicità di massa ed alla vendita di copie fisiche. Con la dignità e la passione che soltanto dei giocatori nati possono avere, gli Undead Labs hanno portato all’interno delle nostre case un miscuglio tra gioco di ruolo, survival-horror, gestionale, third person shooter in salsa post apocalittica. Finita la storyline, dalla durata di circa 12 ore, la sopravvivenza a Trumbull Valley continua imperterrita influenzata ancora da eventi random e da quel senso di incertezza che si trasforma automaticamente in spirito di conservazione. Auguriamo quindi un roseo futuro ai suoi sviluppatori… Adesso scusateci, ma abbiamo un avamposto da tirare avanti!

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